La storia di Vildana

Vildana ha un figlio di 15 anni affetto da asma, originario della Bosnia ed Erzegovina. Condivide le sue esperienze come genitore nel processo di transizione. 

Ultimo aggiornamento 10/06/2024
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Non può esistere un approccio universale alla transizione sanitaria poiché tutti i giovani sono diversi. Abbiamo diversi livelli di maturità quando parliamo di pazienti. Alcuni bambini potranno essere trasferiti a 16 anni, mentre altri non potranno essere trasferiti nemmeno a 22 o 23 anni. Ognuno èdiverso ed è importante che ci sia flessibilità. 

La formazione è estremamente importante. Dovrebbe iniziare molto presto. La formazione al trasferimento ai servizi per adulti, all’auto-responsabilità e alla gestione della propria malattia dovrebbe iniziare presto. A 10 anni non è troppo presto per parlarne. 

Un’altra sfida è l’atteggiamento degli adolescenti: la ribellione adolescenziale. È necessario prendere in considerazione approcci psicologici e offrire supporto per aiutare gli adolescenti a capire perché devono preoccuparsi di assumere correttamente i farmaci. Questi momenti formativi devono includere il dialogo con i pazienti sulle proprie responsabilità dopo che i genitori indietreggiano. 

I genitori si ritrovano a gestire da soli il processo di transizione, ma senza alcuna formazione oapprendimento. Dobbiamo colmare le lacune presenti nell’insegnamento ai nostri figli della lorocondizione. Non si tratta di dare un pesce ai nostri figli; si tratta di insegnare loro a pescare. 

Dico a mio figlio che ciascuno ha delle cose da gestire: questa è la tua. E possiamo dire grazie all’universo che è possibile essere sotto controllo. Devi solo capire come si fa e poi ricordarti di seguire quel piano. 

Abbiamo avuto le nostre difficoltà con mio figlio che da adolescente è andato via con la sua squadra di calcio. È una preoccupazione e una difficoltà confidare nel fatto che sappia come gestire la sua patologia quando è lontano. Questo è il motivo per cui è così importante un approccio multidisciplinare olistico per aiutare le famiglie, non solo i singoli nella transizione. 

C’è bisogno di formazione anche tra i medici. Servono linee guida che siano accettate a livello internazionale. Ma all’interno delle linee guida deve esserci flessibilità e un approccio individuale per ogni paziente. 

I pediatri dovrebbero poter dire “devi stare un altro anno con me”, ad esempio se ritengono che il soggetto non sia ancora abbastanza maturo per cavarsela da solo. Ognuno invecchia in un momento diverso e lo stile genitoriale di ognuno è diverso. Tutte queste cose avranno un impatto su un individuo e sulla sua disponibilità alla transizione. 

Questa flessibilità può essere definita: ad esempio, si potrebbe utilizzare una lista di controllo per valutare se una persona è ancora in grado di gestirsi da sola, o se la sua malattia è ben controllata. Incaso contrario, potrebbe restare più a lungo, ad esempio.